TEORIA UMANISTICA
La psicologia umanistica, conosciuta anche con l'appellativo di Terza Forza, si sviluppa nell'ambito del pensiero psicologico con una prospettiva sociale agli inizi degli anni Settanta negli U.S.A. ad opera di Abraham Maslow e di Carl Rogers che individuarono nel bisogno di crescita e di affermazione le principali spinte di ogni comportamento umano e nel senso di autostima il presupposto fondamentale dell'equilibrio personale.
La definizione di "psicologia umanistica", fu coniata nel 1954 da un gruppo di psicologi, guidati da Abraham Maslow, durante l'atto di fondazione dell'Associazione di Psicologia Umanistica, il cui programma prevedeva di "studiare le dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di un'esistenza umana piena e vitale.
La psicologia umanistica prese avvio soprattutto tramite l'opera di Carl Rogers che, nel 1951, con la pubblicazione del libro "La terapia centrata sul cliente[2]", ne illustrò i fondamenti teorico/pratici: la malattia mentalenelle sue varie forme altro non sarebbe che una distorsione dello sforzo che l'individuo compie per attuare le proprie potenzialità. Diversamente, se vi è corrispondenza tra gli attributi che il soggetto crede di possedere e quelli che effettivamente possiede, egli potrà svilupparsi in modo unitario, autonomo e soddisfacente. Questa piena e totale fiducia nelle capacità di autorealizzazione del cliente è definita tendenza attualizzante ed è uno dei principi alla base dell'Approccio Centrato sulla Persona. Su tale base, il metodo suggerito da Rogers è la Terapia non direttiva, e, nel tenere sempre conto delle tendenze vitali dell'individuo, si limita a creare nel paziente (accompagnandolo con empatia) le condizioni necessarie a favorirne la crescita. Il terapeuta non mostra al cliente il proprio punto di vista, ma assume il punto di vista del cliente che in questo modo si sente meglio compreso e apprezzato e lascia quindi emergere pensieri o sensazioni più profonde che prima temeva di portare a livello cosciente e verbalizzare.
L'approccio con il paziente, chiamato cliente per sottolinearne il potere personale di scelta che viene restituito alla persona, deve quindi essere basato su 3 elementi:
- Congruenza: Può essere definita come una sorta di genuinità e onestà del terapeuta. Egli si mostra per quello che è, senza nascondersi dietro il proprio ruolo o le regole del setting. Questo non significa non avere filtri ed essere completamente sinceri, bensì non mentire e non dissimulare, in primis a se stessi, i propri sentimenti.
- Empatia: il terapeuta entra in sintonia con il cliente, ne comprende i sentimenti e i pensieri e li prova "come se" fossero i propri. Il terapeuta restituisce la propria percezione al cliente e lo aiuta a diventare più consapevole dei propri stati d'animo.
- Accettazione positiva incondizionata: Il terapeuta accetta, anche se non approva, il punto di vista del cliente. Viene data dignità alla verità del cliente, anche se questa può sembrare molto distante dalla realtà o dai valori del terapeuta, il quale si astiene da qualunque giudizio o valutazione. È a volte anche definita sospensione del giudizio.
Queste tre elementi sono profondamente intrecciati e complementari, tanto che l'uno senza l'altro risulta inefficace e improduttivo.
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